Il “Real Colegio de Corpus Christi”, il seminario conosciuto tra i valenciani come Collegio del Patriarca, fu fondato nel 1583 da San Juan de Ribera e la sua missione principale è la formazione dei sacerdoti secondo lo spirito e le disposizioni del Concilio di Trento. Si trova nelle vicinanze del museo nazionale della ceramica e a poche decine di metri da “Plaza Alfonso el Magnánimo”
Il suo patrimonio costituisce uno dei gioielli monumentali della città di Valencia. Oltre all’importanza della sua chiesa decorata con affreschi di Matarana o del suo chiostro, uno dei migliori esempi di architettura rinascimentale realizzata con colonne di marmo di Carrara.

Tra le opere di rilievo storico e artistico che si conservano nel Museo del Collegio, nella collezione di pittura sacra della sua pinacoteca, vi sono i dipinti del Caravaggio, El Greco, Van Der Weyden, Benlliure, Ribalta o Pinazo tra gli altri, così come il manoscritto originale dell’opera postuma di Sir Thomas More, cancelliere britannico e martire della chiesa, scritto durante la sua reclusione nella Torre di Londra prima della sua esecuzione che avvenne il 6 luglio 1535. Questo prezioso manoscritto, chiamato “Istruzioni e preghiere” o “Tristia Christi (L’agonia di Cristo)”, che può essere considerato un vero e proprio testamento spirituale, fu salvato da sua figlia Margherita, che lo portò in Spagna con l’aiuto dell’imperatore Carlo V.
Visitare il collegio del Patriarca
Nei siti web ufficiali troveremo messaggi che comunicano che purtroppo non è possibile visitare per conto proprio il complesso del collegio del Patriarca, o perlomeno non senza prenotare per tempo comunicando giorno e numero di persone che assisteranno alla visita.
Consigliamo la visita proposta dall’azienda turistica, perché preparati e professionali nel loro lavoro, però l’accesso è libero ed è possibile entrare a visitare il museo e la chiesa con una piccola asportazione economica.
Rimaniamo a disposizione per aiutarvi a programmare questa visita dentro la vostra permanenza a Valencia. Semplicemente mettiti in contatto con noi.

Un video interessante, però in spagnolo
Se siete interessati a conoscere un po’ di più questo complesso monumentale e artistico vi consigliamo la visione di questo video, in lingua spagnola, nel quale il professore Amando García ci introduce in una passeggiata virtuale, raccontando la storia e mostrando immagini per gli aspetti più rilevanti della stessa. Visiona il video.
Il collegio del Patriarca inaugurato con la presenza del Re
Situato nell’omonima piazza questo seminario fu fondato da San Juan de Ribera nel 1583. La sua realizzazione fu progettata con il chiaro obiettivo di dividere la parte accademica da quella ecclesiastica, per questo, al giorno d’oggi, troviamo due edifici leggermente separati come la chiesa e la scuola stessa.
Nel 1604 approfittando del soggiorno a Valencia di Felipe III e di sua moglie, l’arcivescovo Don Juan de Ribera ha voluto inaugurare la sua fondazione con lo splendore della maestà reale. Benedetta dallo stesso Patriarca, fu inaugurata la magnifica Cappella del Collegio Reale del Corpus Christi.
Il Collegio del Patriarca, un’opera personale
Il Patriarca intervenne personalmente nelle opere commissionate, scegliendo gli artisti, supervisionando le stesse, correggendo i bozzetti, fornendo idee da realizzare a costruttori e artisti, praticamente è possibile affermare che il Collegio è un’opera personale del Patriarca.
La chiesa
La chiesa fu costruita tra il 1590 e il 1597 dell’architetto Guillén del Rey. Possiede pianta a croce latina a navata unica e tutte le pareti interne della chiesa e delle cappelle sono dipinte con gli affreschi del genovese Bartolomé Matarana, eseguiti tra il 1597 e il 1605. La pala dell’altare maggiore è stata progettata da Bartolomé Matarana e scolpita in legno da Francisco Pérez nel 1600. In essa troviamo una tela con l’Ultima Cena di Francisco Ribalta che presiede il centro della pala d’altare, una tela realizzata nel 1606.

La curiosa legenda del coccodrillo del Patriarca
Ad imporre il silenzio, non appena si entra nell’atrio dell’edificio per accedere alla chiesa del Collegio del Patriarca, troviamo un gran caimano imbalsamato sulla parete.
Attorno a questa figura esistono leggende, detti popolari e racconti.
La leggenda
La leggenda narra che un drago minacciava i valenciani che incautamente si avvicinavano al fiume Turia. Tra gli abitanti era nata una certa paura perché temevano che avvicinandosi alle rive rischiavano di essere mutilati – se non mangiati – dalle fauci della bestia. Un giorno un giovane, armato d’astuzia, affrontò il drago con una lancia e un abito fatto di specchi. Il drago, alcuni dicono per la luminosità del costume e altri perché specchiatosi si è visto orroroso, si è paralizzato, dando all’eroe il tempo di scagliare una lancia contro la bestia causandone la morte. Si dice che il ragazzo era un prigioniero che si giocava la propria libertà per lottare contro il drago.
Il detto popolare
“Si parleu a la pancha vindreu”, che letteralmente significa “se parlate nella pancia verrete”. Una frase che le madri valenciane dicevano ai loro figli in riferimento al drago, affinché stessero tranquilli durante le celebrazioni in quell’imponente chiesa del Patriarca.

Il racconto
Nel 1901 lo scrittore valenciano Vicente Blasco Ibáñez pubblicò sul giornale “Pueblo” un racconto intitolato “Il Drago del Patriarca” che conteneva l’antica leggenda valenciana che parlava del mostruoso drago/coccodrillo.
La realtà
La vera storia di questa bestia, “Il Drago del Patriarca”, la possiamo trovare presso gli archivi storici del collegio, grazie ai quali si rivela che si tratta di un dono che il Viceré del Perù inviò al Patriarca, San Juan de Ribera, che lo chiamò “Lepanto”, in ricordo della famosa battaglia. Il caimano, quindi, non è altro che un dono del Viceré del Perù, il marchese di Monterrey, nel 1600 a Juan de Ribera, arcivescovo di Valencia.
Nel 1606, quando il caimano morì, fu inbalsamato e appeso all’ingresso del tempio come simbolo e richiesta di silenzio. Nacque così il detto popolare precedentemente descritto e nello stesso tempo si comunica ciò che il visitatore doveva tenere all’interno di quell’edificio: il silenzio.


